venerdì 13 marzo 2015

LA RAI? VIA I PARTITI, DENTRO IL GOVERNO


La "riforma" della Rai è un passo gigantesco nella costruzione del regime. Il progetto illustrato da Renzi prevede infatti:

a) un assetto di "governance" che porta a 4 i consiglieri di amministrazione nominati dal Parlamento; se le prossime elezioni avverranno con l'Italicum è assai probabile che la maggioranza venga nominata dal partito vincente (con premio di maggioranza e il 60% di deputati "nominati" dalla segreteria); il governo nomina un altro consigliere e l'amministratore delegato, ovvero quello che viene chiamato da Renzi "capo" perché non ci siano dubbi su chi comanda; i dipendenti della Rai, infine, potranno nominare un altro consigliere (pura presenza simbolica).

b) una sola rete "generalista", che fa informazione e intrattenimento; una seconda rete dedicata all'"innovazione" (documentari e servizi pubblicitari mascherati a favore delle aziende che "sviluppano l'innovazione") e una terza alla cultura e senza pubblicità; chiaro il regalo alla concorrenza  quindi soprattutto a Mediaset (che vuole prendersi anche la rete dei ripetitori, ovvero RayWay), perché toglie dalla piazza due reti, consegnandole all'anonimato delle reti "tematiche", con pochi spettatori ognuna, che affollano il telecomando.

Queste le due novità princiapli, dunque: impoverimento drastico dell'offerta "pubblica" e centralizzazione all'esecutivo. Se ci aggiungiamo l'ulteriore "semplificazione" costituzionale (una sola Camera), quella elettorale (via tutti i "parttini"), ecc, abbiamo un quadro dove il "pluralismo", sia pure nelle vesti inguardabili del "consociativismo" vecchio stile (Dc-Pci-Psi), diventa un ricordo lontano. Un uomo solo al comando. Per sempre (cambierà l'uomo, evidentemente, non il comando).

Lasciamo stare tutte le sciocchezze marginali sul "merito" con cui lo stesso Renzi ha infiocchettato il suo disegno. Concentratevi sullo schema decisionale e sull'offerta. Scoprirete probabilmente che l'Eiar mussoliniana era più "aperta"..
(Fonte)
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