lunedì 22 dicembre 2014

Ma che bel Natale per Salvatore, Massimiliao e le loro famiglie

Oggi dal Presidente e Capo delle Forze Armate, dopo che nei giorni scorsi si era dichiarato "profondamente indignato", veniamo a sapere quest'altra frase rivolta agli indiani: "Da loro prove molto negative di sordità e scarsa volontà politica". 

L'indignarsi va bene Presidente ma solo con gli indiani? .... io credo che l'indignazione di tantissimi cittadini italiani siano rivolti anche alle istituzioni italiane e, voi, dovreste sapere il perchè!

Dal Thimes of India veniamo a conoscenza di una proposta segretissima elaborata dai nostri "governanti" (si, dall'India in quanto i media italiani arrivano, se arrivano, sempre tardi) ma a noi ci viene nascosta, per quale motivo? Se è vero quanto riporta il giornale indiano se ne capisce il motivo. 
(Qui l'articolo del Times)


Commissione d’inchiesta sui marò

«Il diritto internazionale sancisce che i due marò vengano giudicati in Italia, sia perché la nave italiana era in acque internazionali, sia perché essi godevano di immunità funzionale. Giunti in Italia, dovevano rimanervi. Perché Monti, Terzi, Di Paola non hanno fatto in modo che ciò avvenisse? Perché, a distanza di quasi tre anni, vengono fuori verità scomode come lo scontro tra gli Esteri e la Difesa?».

A porre gli interrogativi è il vicepresidente dei senatori della Lega Nord, Sergio Divina, che ha chiesto l'istituzione di una commisisone di inchiesta sull'operato del governo Monti in merito alla vicenda dei nostri due marò. «Cosa ha prevalso in tutta la vicenda che vede protagonista anche un influente cittadino indiano vicino all'allora governo di News Delhi, che ha dichiarato giorni fa che è stato fermato da un nostro ministro quando si offrì per poter portare in Italia Latorre e Girone? – ha concluso il parlamentare leghista – Insomma c’è abbastanza per chiedere al presidente Grasso l'istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare».

In questi giorni la vicenda dei nostri due marò ha fatto di nuovo tornare tesissimi i rapporti fra l’Italia e l’India. Il tribunale di New Delhi ha infatti deciso che Massimiliano Latorre, in Italia per curarsi dopo l’ischemia che lo ha colpito mentre era trattenuto in India, deve tornare a New Delhi. E ha anche negato al suo collega Salvatore Girone di poter tornare nel nostro Paese per un breve periodo. Per questo l’Italia ha ritirato il nostro l’ambasciatore.



Voglio riportare un passo di Carlo Curti Gialdino (Professore associato di Diritto internazionale Sapienza – Università di Roma) del 3 aprile 2013.

10. La decisione finale del governo di far rientrare i marò in India.
E veniamo all’ultimo - per ora - episodio della vicenda dei fucilieri di marina: la indecorosa “retromarcia” dell’Italia! Tutto si è svolto, in un clima di precipitazione, tra il 19 ed il 21 marzo 2013. Vale la pena ricordare che il 18 marzo la Corte Suprema aveva prorogato fino al 2 aprile successivo il divieto per l’ambasciatore italiano di lasciare il Paese senza l’autorizzazione della stessa Corte. Contestualmente montava la protesta dell’India e la minaccia di possibili, serie misure ritorsive sui rapporti economici tra i due Stati. Si ha motivo di ritenere che, proprio in quei giorni, l’ordine valoriale degli interessi in gioco bruscamente mutò. Se, fino a quel momento, il baricentro dell’ordine valoriale era stato sempre, o prevalentemente, sintonizzato sulle preoccupazioni per la libertà personale dei marò, sul carattere equo del processo che li attendeva avanti al tribunale speciale e sul paventato (anche minimo) rischio dell’irrogazione della pena capitale, improvvisamente hanno fatto il loro ingresso gli interessi economici.

Di qui anche un cambiamento della “cabina di regia”, con una evidente, progressiva, marginalizzazione dei diplomatici e dei giuristi a vantaggio di economisti e banchieri. Non sapremo mai come sono andate realmente le cose. Possiamo soltanto, sommessamente, avanzare delle supposizioni. Chiaramente a prova di smentita.
E così la sede istituzionale di concertazione e di decisione è divenuta il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR). Quest’organo, istituito con la legge n. 124/2007 di riforma dell’intelligence italiana, svolge, segnatamente, rilevanti funzioni di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi generali e le finalità della politica di informazione per la sicurezza nonché di elaborazione degli indirizzi generali e degli obiettivi da perseguire. Presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri è composto dai Ministri degli Esteri, Interno, Giustizia, Difesa, Economia e Finanze, Sviluppo economico, nonché dall’autorità delegata (nella misura in cui il presidente del Consiglio non trattenga, come attualmente, la relativa delega e la attribuisca ad un Sottosegretario di Stato o ad un Ministro senza portafoglio). Balza agli occhi, in questa composizione, la prevalenza degli interessi strategico-economici, che, all’evidenza, è accresciuta dalla caratura “tecnica” del governo.
Ebbene, due riunioni del CISR., tenutesi, con urgenza, il 20 ed il 21 marzo hanno preso in mano la questione, ingranando una netta retromarcia rispetto alla decisione dell’11 marzo 2013 che aveva “congelato” la partenza dei due fucilieri.
Le successive informative parlamentari del Ministro degli Esteri (26 marzo 2013) e del Presidente del Consiglio de Ministri (27 febbraio 2013) non chiariscono a fondo i motivi del cambio di marcia. In quelle riunioni, secondo quanto è dato comprendere si consuma, anche plasticamente, l’emarginazione del Ministro degli Esteri, pure in ragione della nomina del Sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura quale ad inviato speciale del Presidente stesso.
Quest’ultimo, peraltro, assume direttamente la titolarità della condotta di questo tema nella fase cruciale e finale. Come risulta dall’informativa del Presidente del Consiglio, in quelle convulse riunioni del CISR - hanno avuto attenzione “i rischi seri ed oggettivi che l’Italia si trovasse isolata sul piano internazionale rispetto ad una crisi di gravi proporzioni con l’India”. Per quanto, riguarda invece i due marò la questione centrale è stata quella di verificare se da parte indiana si potessero ricevere assicurazioni formali su due aspetti fondamentali: 
a) lo status e la dignità dei nostri marò al loro eventuale ritorno in India; 
b) b) l’esclusione della pena capitale dalla costituenda corte speciale. In subordine vennero prese in esame: 
c) c) la questione dell’avvio della procedura arbitrale; c) il ripristino dell’immunità dell’ambasciatore italiano.
Delle “assicurazioni” in parola, le fonti ufficiali chiariscono che esse sarebbero state fornite dalle autorità indiane, per iscritto, nel pomeriggio del 21 marzo al Sottosegretario De Mistura, il quale le avrebbe visionate e le avrebbe ritenute idonee. Nella decisione del governo riguardo la questione dei Fucilieri di Marina, che figura sul sito web di Palazzo Chigi, si legge che “Sulla base delle decisioni assunte dal CISR, il Governo italiano ha richiesto e ottenuto dalle autorità indiane l’assicurazione scritta riguardo al trattamento che sarà riservato ai fucilieri di Marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Alla luce delle ampie assicurazioni ricevute, il Governo ha ritenuto l’opportunità, anche nell’interesse dei Fucilieri di Marina, di mantenere l’impegno preso in occasione del permesso per partecipare al voto, del ritorno in India entro il 22 marzo. I Fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione”.
La formula “trattamento che sarà riservato ai fucilieri di marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali” è particolarmente anodina. Il “trattamento”, presumibilmente, concerne la possibilità di ritornare a risiedere nella foresteria dell’Ambasciata d’Italia a Nuova Delhi, con l’obbligo settimanale di firma al posto di polizia. Nell’espressione “tutela dei diritti fondamentali” rientra senza dubbio sia la questione dell’equo processo (composizione, diritti di difesa, durata del processo dinanzi alla costituenda corte speciale, appellabilità dell’eventuale sentenza di condanna sia la questione della pena capitale, che, pur applicata raramente, è prevista nel diritto indiano ed è eseguita mediante impiccagione (l’India, che potrebbe essersi impegnata a non condannare a morte i due marò e a non eseguire una eventuale pena capitale).
Ma c’è una questione dirimente che avrebbe dovuto far escludere alla radice la presa in considerazione di eventuali assicurazioni “adeguate” , quando non sia offerta la “garanzia assoluta” che lo Stato cui la persona debba essere consegnata non applichi la pena di morte.
Lo affermò con limpida chiarezza la nostra Corte Costituzionale nel caso Venezia, con sentenza n. 223 del 25-27 giugno 1996. Pietro Venezia nei confronti di un caso di estradizione verso gli Stati Uniti di un cittadino italiano, accusato di omicidio di primo grado con sentenza di una Corte della Florida.
Possibile che, nell’ultimo convulso momento decisionale l’oblio sia caduto su un arresto così celebre?
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