sabato 19 luglio 2014

Italiani sculettanti alla meta – J.P. Morgan detta lo spartito il pifferaio di (Fi)-renzie esegue



Decisamente, Mattacchione Renzi è bravo. Ha un’abilità tutta sua nel propinare le medicine più amare senza che il paziente (in questo caso, il popolo italiano) si lamenti; anzi, facendosi anche premiare (in questo caso, col voto) per il suo tristo lavoro. È una cosa assolutamente unica negli annali della politica: sarebbe come se la Fornero fosse eletta Miss Italia dagli esodati.

Eppure, il pifferaio dell’Arno – almeno fino a questo momento – sembra essere riuscito ad ammaliare tutti. Esattamente come il “Pifferaio Magico” dei fratelli Grimm, che col suono del suo strumento stregato incantava i bambini di Hamelin e li trascinava, allegri e felici, fino alla morte.

Nel caso di Renzi, il flauto è sostituito dalle parole, che il tosco usa con raffinata maestrìa. Sono parole solitamente neutre, che possono avere un senso positivo o negativo. Prendete il “nuovo”, per esempio, o il “rinnovamento”, o il “cambiamento”, o equipollenti. Chi ha detto che il “nuovo” sia migliore del “vecchio”? Facciamo il caso della situazione italiana: è indubbio che, da vent’anni a questa parte, la nostra società, la nostra economia, il nostro tenore di vita abbiano subìto un “cambiamento”. Ma esiste una sola persona – fosse anche la più stupida del Paese – disposta ad affermare che il “nuovo” di oggi sia meglio del “vecchio” di ieri?

Ecco: il “nuovo” di Renzi – a modesto parere dell’eretico sottoscritto – ci porterà in letizia verso il baratro, giulivi e sculettanti al suono ipnotico del piffero delle riforme.

 Le “riforme” – appunto – sono un’altra di quelle parole magiche che il piccolo scrivano fiorentino usa con consumata abilità, dando ad intendere che queste possano essere utili al Paese; anzi – addirittura – facendo passare chiunque si opponga a taluna di esse per un reazionario, per un difensore dei vecchi assetti, per uno che “rema contro”. Ma “noi non ci faremo intimidire” – canta il pifferaio – e “andremo fino in fondo”. E gli italiani, incantati, applaudono e continuano a marciare verso il baratro. A nessuno è passato per la mente che – da vent’anni a questa parte – non facciamo altro che riformare: abbiamo riformato il sistema pensionistico, abbiamo riformato il mercato del lavoro, abbiamo riformato il sistema bancario, abbiamo riformato la scuola, la sanità, i servizi e tutto lo scibile sociale… E il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo nella melma fino al collo. Ancòra qualche altra riforma come queste, e non riusciremo a tenere fuori neanche la testa.

Perché tutto ciò? Perché queste “riforme” non sono andate in direzione degli interessi del popolo italiano, ma in direzione delle richieste dei “mercati”, cioè del sistema finanziario speculativo; credendo o fingendo di credere che gli interessi del popolo e quelli dei mercati coincidessero. Cosa assolutamente falsa. È, anzi, vero il contrario. Le “riforme” che vogliono i mercati – oltre a quelle per assicurare una direzione politica immune da condizionamenti “populisti” – sono solamente quelle che producono tagli di spesa; che producono, cioè, un oggettivo peggioramento delle condizioni economiche di alcune categorie o dell’intera collettività.
Ogni tanto, i mercati – attraverso le grandi banche d’affari – hanno l’impudenza di esplicitare le loro richieste di carattere politico e/o economico attraverso dei report ufficialmente indirizzati agli investitori, ma che in realtà sono quasi dei “fogli d’ordini” diretti ai governanti dei Paesi vassalli. Due anni fa era stato il Citigroup a mettere nero su bianco quale fosse lo “scenario favorito” auspicato per l’Italia (vedasi il mio articolo su “Social” del 16/11/2012). In tempi più recenti è stata la J.P. Morgan Chase (credo la seconda banca d’affari del pianeta, dopo la Goldman & Sachs) a mettere in carta i suoi desiderata per i paesi dell’Europa meridionale. Titolo, rivelatore: “Aggiustamenti dell’area Euro”. Il documento è reperibile in rete all’indirizzo http://culturaliberta.files.wordpress.com/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf.

Terz’ultimo e penultimo capitolo del report sono intitolati rispettivamente “Il cammino delle riforme strutturali” e “Il cammino delle riforme politiche nazionali”. Il capitolo delle riforme “strutturali” (cioè non transitorie) cita con ammirazione la riforma del mercato del lavoro attuata dal governo Monti nel 2012, affermando che questa ha prodotto un beneficio durevole. Ora, io non metto in dubbio che le riforme di Monti e Fornero abbiano prodotto dei benefìci, ma certamente non per i lavoratori italiani, che in questi ultimi due anni hanno visto aumentare gli indici di disoccupazione.

Ma il pensiero della J.P. Morgan si fa più chiaro nelle pagine seguenti, quelle dedicate alle riforme politiche, quando lamenta che i sistemi politici dei Paesi euro-meridionali presentino, fra le tante pecche, le seguenti due: tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori («constitutional protection of labor rights») e diritto di protestare contro i provvedimenti che non si condividono («the right to protest if unwelcome changes are made to the political status quo»). Si, proprio così. Invito gli increduli a verificare personalmente su internet, alla pagina 12 dell’illuminante documento.

Ecco perché l’indefessa volontà riformista del parolaio di Palazzo Vecchio mi spaventa. Perché credo di immaginare in quale direzione andranno le riforme annunziate.


A proposito, vi siete accorti di come la riforma renziana della Pubblica Amministrazione introduca il principio della licenziabilità dei dipendenti pubblici? Certo, senza dirlo chiaramente, mascherando, attenuando, velando il più possibile. Per il momento, la licenziabilità è prevista esplicitamente solo per i dirigenti. Ma l’importante è far passare il principio. Vedrete che, da qui a breve, si potranno licenziare pure gli uscieri comunali. Come in Grecia. Come, d’altro canto, adombrato nel famoso rapporto Cottarelli sulla spending review. Ricordate? Ne avevo parlato qualche mese fa su queste stesse colonne. Avevo detto che, fino alle elezioni europee, gli statali (e i pensionati) potevano stare tranquilli. Adesso le elezioni ci sono state, Renzi le ha vinte, e la strada per le riforme è spianata.
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