martedì 17 dicembre 2013

Chi vorrà linkare dovrà pagare: la nuova norma ammazza internet



Google, Facebook e i big del web via dall’Italia: link, aggregazioni e indicizzazioni di contenuti protetti dal diritto d’autore devono essere autorizzati dagli Editori, previo pagamento di un corrispettivo; inoltre, sono previste detrazioni per l’acquisto di libri, ma non per gli ebook.

Che i nostri Governi siano sempre stati servi dell’editoria classica “cartacea”, o meglio, della grande stampa, non è una novità. Dai giornali dipendono spesso le sorti delle maggioranze e delle elezioni. Questo, ovviamente, si risolve in una serie di disposizioni “ad personam” che vanno anche contro l’ineluttabilità dei cambiamenti (leggi “internet”). Se nel resto del mondo i mercati si evolvono con le nuove tecniche, da noi viaggiano con un ritardo paradossale e anacronistico.

Non c’è bisogno di ricordare il credito di imposta del 50% sull’acquisto della carta approvato dai precedenti governi (leggi: “Berlusconi”) a favore dei grandi editori: senonché i requisiti – tra cui la quotazione in borsa – erano così stringenti da farvi rientrare solo Mondadori e pochi altri. In pratica, gli italiani hanno pagato per anni alla Mondadori la carta su cui la stessa stampava libri e riviste, ben potendo – invece – farlo in pdf. 
O ancora ricordiamo le più recenti norme che hanno regalato numerosi sostegni all’editoria classica e non a quella su internet. 
E per finire, arriviamo alla legge del 2011 che ha vietato alle librerie online (che vendevano sul territorio italiano) di praticare sconti superiori al 15% del prezzo di copertina (salvo nel caso di libri usati e poche altre ipotesi). Come dire: poiché su internet i venditori possono praticare prezzi più vantaggiosi per i consumatori, allora è giusto imporre loro dei limiti! Anche se ciò avviene in danno del progresso. 

Insomma, il nostro Stato non si è mai vergognato di proteggere, alla luce del sole, gli interessi economici più forti e precostituiti, a discapito della concorrenza.

Ed arriviamo alla novità “di tutto rispetto” introdotta sottobanco e nel silenzio dei giornali (ma va? – N.d.r.) dal decreto “Destinazione Italia” approvato venerdì scorso dal Governo. Con questa fondamentale premessa: trattandosi di un “decreto legge”, la riforma è già immediatamente obbligatoria (il che renderà ancora più incredibile ciò che stiamo per dirvi). 

Sotto il capitolo “credito d’imposta per l’editoria” si trova una norma in tutela del “diritto d’autore” (quello, ovviamente, dei grandi editori). In verità, il comunicato ufficiale diffuso dal Governo non lascia ben intuire di cosa si tratti. Le parole diffuse dall’Esecutivo sono volutamente criptiche. Le riportiamo: 

disposizioni di tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore”.

Che ciò abbia a che fare, in qualche modo, con internet e Google non è difficile comprenderlo. Ma di che si tratta? 

Eccolo spiegato.

Chiunque vorrà, d’oggi in poi, citare un articolo comparso su un giornale dovrà:
1 – chiedere il permesso alle Associazioni di categoria degli editori
2 – pagare un prezzo che sarà determinato da queste ultime o, in mancanza, dall’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom).

Attenzione però: la nuova norma non si riferisce solo al semplice “copia e incolla” dell’intero articolo: tutti ormai sanno che riportare integralmente un testo altrui è una violazione del copyright punibile per legge. E in pochi lo fanno. In verità, la disposizione si applicherà anche al semplice link, aggregazione, indicizzazione o embed.

Chi verrà colpito principalmente è Google, perché la sua attività di indicizzazione – che peraltro si rivolge proprio a beneficio del contenuto indicizzato – dovrà essere autorizzata, previo pagamento di un corrispettivo. 

Ma nella disposizione finisce chiunque aggreghi notizie o riporti semplici link ad articoli del Corriere, di Repubblica e di altri grandi giornali.

Insomma, si tratta di una norma che riscriverà integralmente le dinamiche di internet e la libera circolazione dei contenuti per come, invece, avviene nel resto del mondo. Ma non in Italia.

La ghigliottina sugli ebook,
Come se non bastasse, il decreto Destinazione Italia ha riconosciuto l’ennesima detrazione fiscale (del 19%) sulle spese sostenute nel corso dell’anno solare per l’acquisto di libri muniti di codice ISBN, per un importo massimo di 2.000 euro, di cui 1000 euro per i libri scolastici ed universitari ed 1000 euro per tutte le altre pubblicazioni. 

Si tratta di una norma che parrebbe agevolare i consumatori. Ma non è così! Infatti essa mira a spingere i consumi verso un mercato ormai in decadimento e, soprattutto, più caro: che i libri in carta stampata costino molto di più di quelli digitali (ebook) non è una novità. Ed ecco, quindi, che per far spendere di più le famiglie, a sostegno delle “povere” aziende di editoria, il Governo ha pensato di mettere delle piccole esche.

Se non ne hai ancora abbastanza… 

Come se tutto questo non bastasse, giovedì scorso, 12 dicembre, l’Agcom (l’autorità garante per le Comunicazioni) si è autodotata del potere di chiudere siti, blog e portali, scavalcando la magistratura e ogni regolare processo, solo se, a suo insindacabile parere, è stato leso, in qualsiasi forma e modo, il diritto d’autore altrui (leggi l’articolo “L’Agcom ha appena varato il regolamento contro la pirateria online“). Una sorta di coercizione tipica dei regimi anti-democratici. E l’Italia – neanche a dirlo – è l’unico Paese dell’UE che presenti una situazione tanto paradossale quanto ai limiti dell’incostituzionalità.
Ed è bene ripeterlo ancora una volta: tutto ciò è già entrato in vigore! Ecco perché, allora, si può a ragione dire che quella appena trascorsa è stata la settimana nera di internet per il nostro Paese.

Insomma: il Governo ce la sta mettendo tutta ad allontanarci dal futuro. E forse c’è già riuscito…
(Fonte)
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