giovedì 26 settembre 2013

Povera "nostra" Grecia

Bruxelles: crepi la Grecia, purché resti lontana dalla Russia


Torturati da Bruxelles, i greci non hanno futuro: sono senza cibo e non hanno soldi per curarsi. Quello che sta accadendo alla Grecia nel 2013 non ha eguali in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: la popolazione è abbandonata a se stessa, senza lavoro e senza protezioni, tantomeno sanitarie. E nelle manifestazioni di piazza cominciano a circolare armi. «Un’esplosione sociale è inevitabile», afferma l’ex diplomatico greco Leonidas Chrysanthopoulos. Ormai l’unica domanda è: quando la rivolta scoppierà. Perché tutto questo? Semplice: per il lucro degli speculatori di Wall Street, gli avvoltoi del debito greco, e per il dominio dell’egemonia euro-atlantica: se la Grecia dovesse collassare e uscire dall’Eurozona, spiega al “Corriere della Sera” l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, Europa e Usa potrebbero perdere il controllo sui Balcani: gli Stati oggi attratti da Bruxelles potrebbero spaventarsi e tornare sotto l’ala della Russia.

In gioco, le grandi risorse del sottosuolo e la posizione strategica della Grecia. Lo afferma il popolare compositore Mikis Theodorakis, oggi leader del movimento indipendente “Spitha”: la Grecia è ricca di risorse naturali, possiede una sviluppata industria navale e un enorme potenziale per far crescere la sua produzione agricola e industriale, oltre che il turismo. Per salvare la Grecia, Theodorakis punta su Mosca e Pechino: «Proponiamo di negoziare un prestito dalla Russia o dalla Cina ad un tasso di interesse inferiore». Interesse ulteriormente ridotto attraverso una joint venture con compagnie russe, come per l’oleodotto Burgas-Alexandroupolis, «in modo da sfruttare insieme le ricchezze del nostro paese». I beni del sottosuolo greco comprendono risorse estraibili di valore, petrolio e gas. Senza contare la valenza strategica dei porti ellenici. Obiettivo dell’alleanza con la Russia: permettere alla Grecia di «respirare liberamente», anziché continuare ad «abbassare la testa di fronte agli interessi e ai capricci dei ricchi paesi occidentali».

Tuttavia, rileva Anna Filimonova in un intervento su “Stratetic Culture”, ripreso da “Come Don Chisciotte”, queste proposte vengono sistematicamente ignorate, nonostante la disponibilità della Russia: già in passato la Gazprom aveva manifestato interesse comprando la parte di proprietà statale (65%) della Depa Corporation, che si occupa della distribuzione di gas in Grecia. «Ma l’affare è saltato, come indicato dai rappresentanti della Gazprom, a causa dell’assenza delle garanzie adeguate da parte del governo greco e della possibilità che Bruxelles avrebbe posto il veto sull’accordo». Da un lato, osserva la Filimonova, «l’Unione Europea minaccia Atene con duri provvedimenti se il piano di privatizzare gran parte del paese dovesse fallire». E dall’altro, «sta ostacolando gli accordi di privatizzazione con i partner “sbagliati”, primo su tutti la Russia, sabotando la possibilità di recupero per l’economia della Grecia». Motivo geopolitico:  la paura che una rivolta anti-euro in Grecia possa “spaventare” l’area balcanica, congelando l’integrazione verso Bruxelles.

Per il tedesco Fischer, un risultato simile è altamente indesiderabile, in quanto aprirebbe la strada alla Russia al dominio sui Balcani. Così, l’Fmi rilancia e pone l’accento sul significato speciale della partecipazione della Grecia al progetto del Gasdotto Trans-Adriatico (Tap) per esportare gas naturale dall’Azerbaijan all’Europa attraverso la Grecia, l’Albania ed il Nord Italia. È inoltre previsto il rilancio del programma per la privatizzazione della compagnia del gas Depa per la metà del 2014, e i preparativi per la vendita sono stati fatti a gran velocità. Il 3 agosto 2013, la compagnia greca del gas e del petrolio Hellenic Petroleum ha approvato l’acquisizione da parte della compagnia petrolifera della Repubblica dell’Azerbaijan (Socar) della maggioranza delle azioni dell’operatore greco del sistema di trasporti del gas, la Defsa. E’ in atto la “grande rapina” annunciata dal trader di Wall Street Alessio Rastani poco prima della nomina di Lucas Papademos come primo ministro: «A noi non importa molto di come aggiusteranno l’economia, il nostro lavoro è guadagnarci. Personalmente sogno questo momento da tre anni, tutte le sere vado a letto e sogno un’altra recessione: quando il mercato crolla, se sai cosa fare, se hai il giusto piano da assemblare, puoi farci un sacco di soldi».

A quanto pare, conclude Anna Filimonova, il “piano giusto” è stato messo in moto: i tagli devastanti per ridurre al 124% del Pil il totale del debito greco hanno in realtà proiettato il debito al 156% del Pil nel 2012, debito che nel 2013 sarà di almeno il 175% ed entro il 2014 arriverà al 190% del Pil nazionale. Un disastro, come previsto. E l’offensiva su vasta scala contro la proprietà dello Stato continua: «Nel 2010 il governo di George Papandreou ha garantito ai creditori internazionali che sarebbe stato in grado di guadagnare almeno 50 miliardi di euro tramite la privatizzazione della proprietà statale della Grecia; tuttavia, secondo le successive stime degli esperti, entro il 2016 non verranno guadagnati più di 9,5 miliardi di dollari dalla privatizzazione. E questo, nonostante il fatto che è stato privatizzato praticamente tutto – il settore energetico, i trasporti, la costa». Persino il servizio fiscale è stato privatizzato, così come le università: oggi gli atenei sono proprietà privata per il 49%, in violazione della Costituzione ellenica. «Ma in Grecia ci sono tutti i modi per aggirare la legge: ad esempio, per poter espandere la privatizzazione, sono state abolite 69 leggi che avrebbero complicato le cose». E nella sfera della privatizzazione, «c’è un regola per cui non è permesso restituire allo Stato un oggetto privatizzato».

Ed ecco, puntuale, la catastrofe. «In un rapporto dell’Onu pubblicato nel maggio 2013 – continua la Filimonova – è stato osservato che più del 10% del totale della popolazione del paese vive in condizioni di estrema povertà. La Grecia rimane il solo paese dell’Eurozona senza un complesso schema di assistenza sociale, i servizi sanitari sono quasi inaccessibili ai poveri e ai cittadini con redditi bassi e quasi un terzo della popolazione non ha un’assicurazione medica statale». Nonostante la liquidazione forzata dello stato sociale, la crisi che si è abbattuta sul paese non fa che peggiorare. E i pagamenti dei debiti ai creditori internazionali si fanno più difficili: «Quando nel marzo 2012 alcuni investitori privati furono costretti a cancellare più del 50% del debito greco, la Goldman Sachs, ad esempio, si è rifiutata di ristrutturare il debito della Grecia». Così, «i prestiti nazionali da 5 miliardi di dollari verranno ripagati alla banca per intero».

Di recente, la Grecia ha avuto “l’onore” di essere la prima in Europa per la riduzione delle spese di bilancio sui servizi sanitari. In particolare, le spese sui medicinali sono state ridotte da 5,6 miliardi di euro (2010) a 3,8 miliardi nel 2011 e 2,88 miliardi nel 2012. «Come diretta conseguenza, più di 50 compagnie farmaceutiche internazionali hanno sospeso l’invio di medicinali alla Grecia». Così, chi ha un parente all’ospedale deve «correre estenuanti maratone da una farmacia all’altra per cercare le medicine necessarie». Poi mancano attrezzature ospedaliere, e scarseggiano i sanitari: «Gli ospedali statali contano solo circa 6.500 dottori e 20.000 infermiere e inservienti; massicce quantità di medici professionisti stanno lasciando il paese». Ormai, curarsi costa una follia: «Persino chi ha un lavoro ha difficoltà a pagare per i servizi medici, i cui prezzi sono bruscamente aumentati». Sicché, si rinuncia alla salute, «specialmente nelle regioni rurali e sulle isole».

Impietosi anche i numeri dell’economia, grazie alla “cura” dell’austerity: nel periodo 2008-2012 il volume dell’economia greca è diminuito di almeno il 25%, «peggio delle cifre della Grande Depressione americana del 1929». Quest’anno il governo greco si aspetta un’ulteriore diminuzione del Pil del 4,5%. E naturalmente, le misure di austerità non hanno intaccato banchieri o armatori: la Grecia è il terzo paradiso fiscale degli armatori nel mondo, ricorda Anna Filimonova. L’impatto delle “riforme strutturali” – aumento dei prezzi, delle tasse e della disoccupazione – ha colpito i segmenti più poveri della popolazione. Numeri: nell’aprile 2013, il tasso didisoccupazione ha raggiunto il 27,2%. «Dietro questa cifra giace il destino di 4,56 milioni di persone. In 450.000 famiglie greche non c’è una sola persona occupata. Dei 2,6 milioni di persone che lavorano nel settore pubblico, 900.000 sono state licenziate nel solo 2009».

Buio pesto sul futuro, a cominciare da quello dei ragazzi: «Tra i giovani dai 15 ai 24 anni, il tasso di disoccupazione è del 60%, anche se secondo gli specialisti questa cifra non riflette il vero stato delle cose. I sussidi di disoccupazione sono stati tagliati e ora li ricevono solo 225.000 disoccupati». E non è finita: l’Eurotroika comporterà il licenziamento di altre 150.000 lavoratori del settore pubblico entro il 2015. La Grecia in ebollizione: ha pazientato per anni, ai limiti della sopravvivenza, ma ora questo limite potrebbe essere oltrepassato, così come quello della pazienza. Dal 2009, le piazze elleniche sono state agitate da 8.000 scioperi in Grecia, compresi gli scioperi generali. «Oggi la situazione nel paese è tale da trovarsi sull’orlo degli scontri armati: i casi in cui i manifestanti fanno uso di armi vengono osservati sempre più spesso».
(Fonte)

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