giovedì 26 settembre 2013

NAPOLITANO: “NESSUNO S’ILLUDA CHE IO SCIOLGA LE CAMERE”

Il Presidente infuriato ha pronta nel cassetto la lettera d’addio



«Nessuno si faccia illusioni»: la lettera di dimissioni è pronta, nel cassetto. E forse è solo e proprio l’ira di queste ore che tiene Giorgio Napolitano dal dare immediato corso a quel che ha sempre detto, sin dal momento in cui ha accettato un secondo mandato presidenziale, non voluto ma chiesto dai politici con il cappello in mano, e tra i primi proprio da Silvio Berlusconi.

Se vi comporterete da irresponsabili, disse nel discorso d’insediamento davanti ai parlamentari che con buona dose di masochismo presero ad applaudirlo, io mi dimetterò. Ieri, da politico d’esperienza qual è, il presidente ha compreso al fulmicotone dove andava a parare quella messinscena delle dimissioni dei parlamentari del Pdl consegnate ai loro stessi capigruppo: alle elezioni anticipate. E a Renato Schifani, a Gaetano Quagliariello, e a Gianni Letta che – tra gli altri- gli han telefonato in sequenza allarmati per la china di follia che andavano prendendo le cose dopo il gran consiglio di Palazzo Grazioli con i Verdini e le Santanché che urlavano a Berlusconi «ti arrestano, le procure di Bari e Napoli son pronte ad arrestarti», Napolitano ha fatto sapere che lo scioglimento delle Camere eè un’illusione e che se davvero i parlamentari del Pdl dessero le dimissioni lui ne denuncerebbe pubblicamente il carattere eversivo di attacco alle istituzioni repubblicane. E a quel punto, ecco un messaggio ben chiaro e comprensibile anche ai più oltranzisti del centrodestra, la questione sarebbe nelle mani del prossimo presidente della Repubblica: di un nuovo Capo dello Stato, eletto da questo Parlamento. Ovvero, dal Pd e da Grillo.

Giorgio Napolitano non intende avallare nessuna delle tentazioni eversive che spirano dal Pdl. È pronto a dare le dimissioni spiegandone pubblicamente il motivo, lo ha ripetuto ieri a tutti gli interlocutori, e anche ad Enrico Letta. Che nella telefonata a Napolitano ha comunicato anche la propria frustrazione, «è inaudito, convocano un’assemblea per far saltare il governo mentre io qui a New York cerco di rappresentare un’Italia solida agli investitori stranieri, e un’Italia che lavora alla stabilità internazionale davanti all’Assemblea dell’Onu…».

Perché poi, magari domattina sarà per l’ennesima volta tutto smentito, ma tutto rischia di ricominciare daccapo un minuto dopo, secondo il fenomeno ormai ben noto del “pendolo di Berlusconi”. Da tempo, al Colle si segue con preoccupazione l’andamento oscillante di esasperazioni e proteste e poi giuramenti di pace perpetua, preludio di minacce di guerra termo-nucleare globale per l’indomani. E il tutto basta e avanza, quanto a logoramento del governo mentre il Paese frigge nella crisi economica e alla viste c’è la Legge di stabilità, casi squadernati come quello di Alitalia e Telecom, tanto che ancora ieri sera Napolitano ha dovuto ricevere Franco Bernabè. E poi, istituzioni internazionali che osservano come l’Italia sia sulla via della de-industrializzazione, il Fondo Monetario che valuta il rapporto deficit/Pil addirittura al 3,2 per cento, e quei sei miliardi in ballo da trovare, per non aumentare di un punto l’Iva e non ripristinare l’Imu….Insomma l’Italia ha dei problemi tali, e un tale vitale bisogno di stabilità, che proprio non si comprende come il centrodestra non se ne renda conto. Tanto che ufficialmente il Quirinale fa sapere di «verificare con esattezza» le ventilate dimissioni del Pdl.

Napolitano è perfettamente consapevole del fatto che l’Aventino improprio che il Pdl vorrebbe inscenare contiene un messaggio implicito a lui personalmente diretto: nonostante la chiarezza e la linearità con la quale il presidente ha messo per iscritto tutto quanto concerne la situazione del «leader incontrastato» di quella parte politica, e pur superata la fase delle pressioni sul Quirinale per grazie, commutazioni di pena, è sempre un salvacondotto che si attende. Come se il pdl si aspettasse, e Napolitano ne ha avuto una chiara percezione anche nei molti contatti avuti, chessò, che con una telefonata alle “toghe rosse” tutto si placherebbe. Qui all’ira presidenziale si somma il più pieno sconcerto davanti agli autentici deliri di un bel pezzo della maggioranza. Alla quale, probabilmente, non è estraneo lo stesso Berlusconi. Anche per questo i moduli di quelle dimissioni sono già pronti.
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