giovedì 13 giugno 2013

“DECRETO DEL FARE” TRUCCATO: C’È UN ARTICOLO SALVA-ILVA

LA BOZZA DELLA LEGGE PREVEDE L’ALLENTAMENTO DEI VINCOLI SULLE BONIFICHE, MA ANCHE PER AUTORIZZAZIONI E RIFIUTI




In Italia la burocrazia è soffocante, lo dicono tutti, quindi bisogna semplificare. Roberto Calderoli bruciava le leggi, come si ricorderà, Corrado Passera sfornava un ddl a semestre, ora pure Enrico Letta sta preparando per il Consiglio dei ministri di questa settimana il suo testo per rendere più facile la vita a cittadini e imprese. Soprattutto ad una, per la verità, che sta a Taranto. D’altronde il nostro corpus giuridico è così vasto che era facilmente prevedibile: uno fa una legge ad aziendam e scopre che gliene serve un’altra e un’altra ancora e un’altra ancora. L’obiettivo è sempre lo stesso: tenere aperti gli impianti mentre si realizza – o quando e se – la messa in sicurezza ambientale.

Sterilizzato il sequestro della fabbrica, sterilizzato quello dei prodotti e infine quello dei soldi, ora serve che la faccenda non si ripeta durante il commissariamento: quindi si procede – almeno nella bozza di ddl di cui Il Fatto quotidiano è in possesso – a qualche bella modifica al Codice ambientale, che era finora rimasto intonso. All’articolo 240, per dire, si legge che la “messa in sicurezza permanente” è “degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente”. Ci sarebbe un punto, ma la bozza invece aggiunge una virgola e dopo una frase che cambia di senso all’intero periodo: “qualora si dimostri che, nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e a ridotto impatto ambientale, non sia possibile la rimozione delle fonti”. Se proprio non si può fare, insomma, facciamo quel che si può. 

Stabilito il principio, si passa alla fase operativa emendando l’articolo 242: si dà un’accelerata alla presentazione dei progetti per le bonifiche e alla fase realizzativa, in un comma in cui si parla di “siti contaminati con attività in esercizio” si espunge il passaggio in cui si fa riferimento alla “cessazione delle attività” (non sia mai) e infine – siccome la bonifica non si sa quando comincia, ma l’acciaio serve subito – viene inventato pure un comma 13 bis: “Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza e, più in generale, tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi e allo sviluppo della produzione”. Il neocommissario, già ad, Enrico Bondi non si può davvero lamentare. 

Queste, purtroppo, non sono le uniche semplificazioni di questo ddl che – se approvate – finirebbero per indebolire la tutela dell’ambiente. Ad esempio, c’è la sostanziale estromissione delle Soprintendenze sul controllo dei beni sottoposti a vincolo paesistico: la concessione a privati sarà stabilita dal ministero e anche per il rilascio del parere sulle eventuali modifiche – che già il governo Berlusconi aveva reso “non vincolante” – vengono dimezzati i tempi (da 90 a 45 giorni) lasciando campo libero alle regioni. E ancora: la bozza estende la cosiddetta Scia (segnalazione certificata di inizio attività) – una procedura più snella della Dichiarazione di inizio attività – anche a interventi di ristrutturazione edilizia abbastanza pesanti, compresi quelli in cui si butta giù un immobile danneggiato per realizzarne uno diverso. Oltre a tagliare sostanziosamente i tempi per le varie forme di valutazione di impatto ambientale, infine, questa bozza di ddl provvede pure a sottoporre le cosiddette “acque emunte” – all’ingrosso le falde inquinate – al regime degli scarichi industriali anziché a quello più rigido sui rifiuti. 

“A QUEL che ho potuto vedere – dice Angelo Bonelli, leader dei Verdi – si tratta della solita deregulation che legge ideologica-mente la tutela ambientale come un freno allo sviluppo, un’impostazione che non esiste più in nessun altro paese d’Europa. Diciamo così: in questo e nei continui riferimenti alla ‘sostenibilità economica’, vedo la mano dell’ex ministro Clini (oggi tornato direttore generale del ministero dell’Ambiente, ndr)”. 
(Fonte)
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