venerdì 29 marzo 2013

Le imprese sono allo stremo “Non si può più perdere tempo”



«Sono convinto che a metà anno molte piccole e medie imprese tireranno giù il bandone, come diciamo noi in Toscana». Dall’avamposto pistoiese del Consorzio Leonardo Servizi - 16 imprese, dalle pulizie all’impiantistica, con un fatturato aggregato che supera i 100 milioni di euro - il presidente Gino Giuntini vede la maratona per i rimborsi dei crediti della pubblica amministrazione come una gara dove molti cadranno ben prima del traguardo». Andrea Bolla, presidente di Confindustria di una Verona relativamente felix: «Quello che mi dà fastidio è che ancora una volta stiamo dibattendo sul se pagare, invece di concentrarci sul come pagare. Ma che il settore pubblico non paghi i propri debiti semplicemente non è più un’opzione».  

 Le schermaglie euro-italiane sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, insomma, si infrangono contro un fronte assai composito, ma molto compatto, fatto di imprenditori piccoli e grandi. C’è chi fa le pulizie nelle scuole e si scontra contro «questi maledetti patti di stabilità degli enti locali», come dice ancora Giuntini, ma ci sono anche i costruttori edili che - spiega il presidente della loro associazione Paolo Buzzetti - «hanno avuto negli ultimi due anni 10.400 fallimenti. Siamo in una situazione che non è più compatibile con nessuna perdita di tempo». Dopo una prima ondata di entusiasmo, mentre il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi spiegava che la ripresa dei pagamenti avrebbe portato un aumento del Pil dell’1% e 250 mila posti di lavoro in cinque anni, adesso tra le imprese pare prevalere l’ansia per quei pagamenti - settanta miliardi di euro come dice bankitalia? Oppure di più? anche il fatto che nessuno sia mai riuscito o abbia voluto censirli è significativo - che non arrivano mai all’incasso.  

Dopo che le commissioni parlamentari avranno approvato la relazione di aggiornamento del Def, toccherà al ministero dell’Economia emanare il suo decreto, che dovrebbe dare una prima indicazione sulle priorità con cui procedere al rimborso dei debiti della pubblica amministrazione. Ma in ogni caso anche al ministero ammettono che i primi soldi arriveranno dopo giugno, forse addirittura a settembre. «E’ una soluzione assolutamente insoddisfacente - attacca Franco Tumino che guida l’Anseb, l’associazione delle imprese che emettono buoni pasto - anche perché già oggi il ritardo medio per i pagamenti per noi va tra un anno e un anno e mezzo. Prendere un impegno non per tutti i debiti, ma per 20 miliardi soli, e poi rimandare i pagamenti a fine anno significa lasciare più o meno le cose come stanno». «Se tutti andassero nella stessa direzione si potrebbe anche aspettare fino a settembre - commenta Gabriele Vitali, che si occupa del commerciale nell’emiliana Effe Gi impianti di cui il padre è uno dei soci - ma le banche dovrebbero seguire le aziende nel percorso. Invece sono troppo tirate e se il primo del mese ti chiedono di rientrare dagli affidamenti tu fallisci, anche se hai già fatto il lavoro e aspetti i soldi». La Effe Gi, poco più di cinque milioni di fatturato nell’impiantistica, molti clienti pubblici, è un buon esempio della sfida che una fattura rappresenta per una piccola impresa: «Un anno e mezzo fa ci siamo salvati - dice Vitali - perché avevamo tenuto i soldi in azienda. I crediti verso clienti sono l’80% circa del nostro fatturato e la rotazione del nostro capitale è di 333 giorni. Insomma, i soldi li pigliamo dopo un anno».  

Le schermaglie, a dire il vero, sono anche italo-italiane. Il piano che permette alle imprese di scontare in banca i crediti verso la pubblica amministrazione, voluto dal ministro dell’Economia Corrado Passera è stato finora un flop. Poche centinaia i casi in cui è stato utilizzato. «Senza contare che - dice ancora Tumino - scontare i crediti significa avere oneri finanziari a carico delle imprese e un peggioramento dello stato patrimoniale».Per il ministero dello Sviluppo Economico è presto per valutare il successo o l’insuccesso dello strumento, visto che ha cominciato a funzionare solo da inizio gennaio. Inoltre la pubblica amministrazione di cui si vuole ottenere la certificazione del debito deve essere registrata in un sito apposito. E se per chi non si registra non ci sono sanzioni - si spiega - è difficile pensare che Asl e Comuni facciano la fila per iscriversi. Anche Bolla, da Verona conferma che finora i suoi associati hanno incontrato «problemi burocratici».  

All’Economia, del resto, vivono con qualche insofferenza l’attivismo di Passera su questo versante e si concentrano sulla tenuta dei bilanci pubblici sui quali Bruxelles, come si è visto, non fa grandi sconti. Ma certo l’alternativa tra ripresa e rigore è sempre più evidente per gli imprenditori che a gran voce chiedono i crediti che gli spettano da tempo. «In fondo - dice ancora Giuntini - meglio pigliare un ceffone dall’Europa che finire strangolati». 
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