giovedì 7 marzo 2013

Toxic Somalia



 Il documentario Toxic Somalia, nel quale Moreira ripone i quesiti sul traffico dei rifiuti tossici in Africa che hanno portato alla morte della inviata del Tg3. La Somalia è la discarica più economica del mondo. Scaricare una tonnellata di rifiuti tossici al largo delle sue coste costa solo 2,50 dollari. Contro i mille che gli occidentali dovrebbero pagare per scaricarli a casa propria. Così barili di scorie nucleari approdano sulle sue spiagge, disseminate di pesci morti e centinaia di somali si ammalano, avvelenati dai rifiuti di altri. Chi scarica nelle acque somale? E chi ci guadagna in Somalia? Sono le domande alle quali il reporter e documentarista francese Paul Moreira cerca di rispondere nel documentario Toxic Somalia, proiettato oggi pomeriggio nel corso del suo workshop in programma a Riccione in occasione della diciottesima edizione del premio Ilaria Alpi. Intitolato alla giornalista uccisa a Mogadiscio nel 1994 assieme all’operatore Miran Hrovatin proprio per aver posto le stesse domande.

L’opera di Moreira è un’inchiesta che conduce nei sotterranei oscuri delle mafie italiane, dei pirati somali e dell’industria delle scorie nucleari. Gli stessi su cui stava indagando l’inviata del Tg3 che aveva scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici e radioattivi prodotti nei paesi industrializzati e stivati, in cambio di tangenti e armi scambiate coi gruppi politici locali, in quelli poveri dell’Africa. Un intreccio di recente analizzato dallo scrittore e storico greco Michel Koutouzis nel suo ultimo libro-inchiesta intitolato Crime, trafics et réseaux: Géopolitique de l’économie parallèle, pubblicato ad aprile, come spiega il nostro blogger Stefano Gurciullo nell’ultimo post del Mafioscopio.

«Michel Koutouzis è riuscito a dissotterrare il filo più nero delle mafie italiane – scrive Gurciullo – E’ il filo che senza tanto trambusto ha premuto i grilletti dei kalashnikov sui corpi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel 1994. Lo stesso filo che conduce nei fondali delle coste calabresi, dove tra pesci e alghe trovi un relitto imbottito di rifiuti tossici. E che ora ci riporta in Africa, in Somalia, per l’esattezza». 
(Fonte

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