mercoledì 20 marzo 2013

Anche nei Parchi il disastro ambientale continua

Alpi Apuane: tutela o trafori?



Tanti anni fa, ero bambino, transitando dalle parti della Versilia in tarda primavera e guardando verso l’interno, mi stupii nel vedere la neve sulle montagne. Poi mi dissero che quella non era neve, erano le cave, erano di marmo e luccicavano al sole. Accidenti, quante erano quelle cave…
Trascorsero gli anni e le Alpi Apuane divennero un parco della regione Toscana nel 1985. Ma un parco può essere anche di carta, in particolare se non esiste, se non viene emanato un piano del parco. Ed il piano non c’è ancora oggi.

Del resto, diciamolo, istituire un parco con all’interno l’attività estrattiva più proficua d’Italia e che costituisce praticamente l’unica attività industriale del comune di Carrara è forse un po’ azzardato. Come si fa a porre limiti allo strapotere dei cavatori?

Detto del fatto che il parco fa il solletico alle imprese di estrazione, almeno però ci si potrebbe attendere che tutto rimanga com’era: che le cave continuino l’attività, che le cime delle Apuane si abbassino un poco ogni anno, insomma un fenomeno tipicamente made in Italy come tanti altri.
E invece non finisce qui, purtroppo.

Adesso ci si mettono anche i trafori. Ed è così che l’Anas, su sollecitazione dei cavatori, ma formalmente in seguito ad un accordo che a suo tempo fu stipulato fra Regione Toscana e l’allora Ministro dell’Ambiente (nonché, se ricordo bene, cacciatore) Altero Matteoli, ha consegnato in data 11 ottobre 2012 il progetto di fattibilità del traforo del Monte Tambura (seconda cima in ordine di altezza delle Apuane) al Comune di Vagli di Sotto e al Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti.
Possiamo dire che l’opera si presenta come demenziale? Massì, diciamolo.

E’ situata all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane, dove sono presenti siti di interesse comunitario ed il Parco è stato inserito tra i Geoparchi dell’Unesco. Devasterebbe uno dei complessi carsici più importanti d’Italia e del mondo ricco con  grotte ramificate, cavità (150 registrate nel catasto speleologico toscano), abissi (sei superiori a 1000 m di profondità), laghi e fiumi sotterranei in parte ancora inesplorati. Comporterebbe inquinamento e probabile essiccazione della rete idrica profonda più importante di tutta la Toscana, il cui bacino si estende dalla Garfagnana, alla Lunigiana, alla Versilia. Il Tambura infatti è al centro di un esteso e ramificato sistema di acque di profondità, uno dei più importanti della Toscana.

Il tutto per cosa? Per poter raggiungere direttamente  dalla statale 445 della Garfagnana la strada dei marmi appena aperta dal comune di Carrara, all’altezza di Colonnata. In tutto 20,8 km di strada, con l’attraversamento di tre vallate.

Povera terra di Dante: il disastro del Mugello, fra un po’ la stazione dell’archistar, le cave delle Apuane, il traforo del Tambura, l’autostrada tirrenica…Mi dimentico qualcosa?



(Fonte)
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