domenica 15 aprile 2012

Giochi, per i concessionari una pioggia di sanzioni

E MENTRE L'ITALIA AFFONDA ......... LO STATO RIUSCIRA' A INCAMERARE QUALCOSA DI QUEI 98 MILIARDI VOLATI VIA?



Ricorsi in arrivo e profitti milionari che potrebbero andare in fumo. Dopo la maxipenale da 2,5 miliardi di euro affibbiata venerdì dalla Corte dei Conti a dieci concessionari di gioco italiani per i disservizi delle loro slot machine fino al 2007, le aziende colpite cominciano a metabolizzare la botta, progettando le prossime iniziative legali ma soprattutto calcolando quanto le sanzioni potrebbero impattare sui loro conti.
Va detto che i magistrati contabili hanno ridotto di oltre il 95% la cifra richiesta inizialmente dal pm Marco Smiroldo, che quasi cinque anni fa sulla base di una perizia consegnatagli dalla Guardia di Finanza aveva quantificato in 98 miliardi il possibile danno causato dalle scorrettezze tecnico-contabili a suo dire adottate dai concessionari (in fondo al post, alcuni stralci della sentenza riportati dall’agenzia Agipronews).
Anche così, però, si tratta di una ferita dolorosa per gli operatori di settore, frustrati anche dal fatto che solo pochi mesi fa circolassero tra i loro manager e i rispettivi uffici legali voci su una sanzione limitata a soli 500 milioni di euro complessivi.

La penale più alta, pari a 845 milioni, è quella che dovrà pagare Bplus (ex Atlantis World), società originaria delle Antille olandesi gestita dal catanese Francesco Corallo, già molto chiacchierata. Sin dal momento del suo sbarco in Italia nel 2004 la Atlantis - Bplus sovrasta gli altri operatori con una quota di mercato che sfiora il 30 per cento e oggi, di conseguenza, primeggia anche nella multa richiesta dall’erario.
Ma anche i suoi concorrenti non festeggiano di certo: la Corte ha chiesto 120 milioni agli spagnoli di Cirsa Italia, 245 a Sisal Slot, 100 a Lottomatica, 150 a Gmatica, 115 all’altro player spagnolo Codere, 200 ad Hbg, 235 milioni a Gamenet, 255 a Cogetech e 210 alla Snai.
Il comparto delle macchinette, in Italia, vale cifre da capogiro: nel 2011 399 mila apparecchi installati hanno raccolto poco meno di 45 miliardi, cioè oltre la metà di quanto totalizzato dall’azzardo di Stato. Ma se si sottraggono al totale il payout (cioè le somme restituite in vincite), le tasse (circa 4 miliardi), i costi vivi e le percentuali che spettano a chi ospita le slot (bar, tabaccherie, ricevitorie e così via), quel che rimane in tasca alle concessionarie ammonta a circa mezzo miliardo l’anno. Significa che se l’importo delle sanzioni dovesse essere confermato dalle prossime sentenze, la gallina dalle uova d’oro nei prossimi cinque anni macinerà utili solo allo scopo di pagare le cifre contestate.
Le conseguenze non si sono fatte attendere. Lottomatica e Snai, le due principali aziende italiane (e le sole due quotate in Borsa) del segmento giochi e scommesse, hanno annunciato già lunedì mattina l’intenzione di ricorrere contro il provvedimento, prontamente seguite da Sisal. Tutti gli altri procederanno analogamente, secondo quanto riferito da Acadi, l’associazione di categoria che oltre a Sisal raccoglie altre due società multate.
Il fatto che per l’eventuale sentenza di appello occorreranno almeno un paio d’anni gioca a favore dei ricorrenti, anche perché non è prevista immediata procedura liquidatoria della causa e saranno probabilmente richieste una o più nuove perizie che, tenuto conto del contesto sperimentale dei provvedimenti dell’epoca, potrebbero consentire di limare ulteriormente la cifra dovuta. Questo almeno è quanto si aspettano i legali di alcuni operatori, sentiti da Panorama.it.
Eppure, secondo gli analisti di Intermonte “la notizia aumenta sin d’ora l’incertezza sul settore”. Risultato: venerdì, dopo l’annuncio della maximulta, Lottomatica ha perso sul listino milanese il 3% nonostante un preconsuntivo 2011 assolutamente positivo (ricavi e margine in crescita rispettivamente del 28,5% e del 17,5%), mentre Snai, che al momento ha addirittura una capitalizzazione di Borsa inferiore all’importo della multa, ha ceduto l’8%.
Un’altra società, la Equita Sim, ha contribuito lunedì mattina a buttare acqua sul fuoco: i suoi analisti ritengono infatti che ci sia spazio per un’ulteriore riduzione in appello delle sanzioni “visto che, pur essendo una frazione di quanto inizialmente contestato, sono ancora spropositate rispetto all’aggio percepito. Le sanzioni sarebbero tra l’altro probabilmente insostenibili per molti degli operatori coinvolti, Lottomatica a parte, creando una forte turbativa su un settore che offre ritorni importanti all’erario”.
Nella prima parte della settimana gli operatori di Borsa sembrano aver recepito le indicazioni degli specialisti. Tra lunedì e martedì Lottomatica e Snai non hanno partecipato al rally dei listini coinciso con il salvataggio greco: la prima ha accusato un’ulteriore contrazione dello 0,2%, mentre  la seconda è rimasta sostanzialmente stabile senza però recuperare il terreno perso venerdì.

GLI STRALCI DELLA SENTENZA
I dieci concessionari delle new slot nel periodo 2004-2006 hanno tenuto un comportamento teso a ottenere la maggior fetta di mercato, disinteressandosi dei problemi relativi al collegamento delle macchine alla rete di Sogei, anzi continuando a chiedere ulteriori nulla osta per altri apparecchi. È quanto si legge nella sentenza della Corte dei Conti che ha condannato i dieci concessionari al pagamento di 2,5 miliardi di euro.
L’obiettivo principale della rete andrebbe riscontrato nel costante flusso di informazioni tra la rete dei concessionari e il sistema centrale al fine di verificare e controllare l’effettivo andamento delle giocate. «Un obiettivo disatteso», si legge nel testo della sentenza, anzi «l’azione della Procura non solo ha evidenziato uno sperpero di risorse pubbliche», ma secondo i giudici contabili ha anche «messo in luce gravissime illegalità che hanno escluso quasi del tutto l’esercizio del controllo pubblico sul gioco».
La «scarsa disponibilità di linee di comunicazione dedicate» per il collegamento, riscontrata anche nella perizia affidata alla Digit PA, «non esclude per nulla la responsabilità delle società concessionarie», che si erano assunte «l’obbligo di realizzare il servizio, garantendone i livelli previsti, con propri mezzi e organizzazione, ovvero con quelli di terzi» e che dunque sarebbero «responsabili anche dei ritardi derivanti dalle resistenze e dalla mancanza di collaborazione dei gestori e degli esercenti».
Ritardi che sono stati «certamente anche causati dall’elevato numero di apparecchi che avrebbero dovuto essere collegati alla rete», un numero che continuava a crescere visto che le società continuavano a chiedere nulla osta per «un numero di macchinette molto superiore alle 5.000 della dichiarazione iniziale creando gravissime difficoltà nel collegamento e, in seguito, nella fase di conduzione della rete (specialmente nei primi mesi del 2005)».
Allo stesso tempo le società non si sarebbero adoperate, «in ottemperanza agli obblighi stabiliti in concessione, perché fosse pienamente realizzato il collegamento di tutti gli apparecchicon nulla osta per garantire il costante flusso di dati delle giocate verso il sistema centrale» rappresentato dai Monopoli di Stato. Il pagamento forfettario proposto dalle società coinvolte, secondo la Corte, non è sufficiente, visto che elude l’obiettivo principale di controllare il gioco e accertare la base imponibile: un obiettivo che, riporta il testo della sentenza, «rappresenta la normalità, la legalità», mentre «l’accertamento con il procedimento presunto (o indotto come dice il legislatore) deve essere l’eccezione non la regola».
(da blog.panorama.it di Gianluca Ferraris 22 Febbraio 2012)



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