lunedì 6 febbraio 2012

Toh! Le liberalizzazioni si fermano sul portone di banche e assicurazioni

In Italia esistono due tipi di liberalizzazioni. Quelle fatte per dare l’illusione che si liberalizza e che rispondono al principio cambiare tutto per non cambiare nulla. E quelle reali, che però continuano ad aleggiare come un mantra su ogni stagione politica, senza mai trasformarsi in una norma di legge. Anche il Governo Monti ha scelto le prime che incidono sui piccoli. Le seconde infatti disturbano i potenti.
Dopo averci massacrato con i balzelli e aver approntato un sistema di polizia fiscale degno della polizia segreta della Germania dell’Est di comunista memoria (Sallusti docet), ecco che arriva la sorpresa: le liberalizzazioni sono finite. Il governo ha colpito i notai, i tassisti, gli avvocati, i farmacisti e i loro presunti privilegi, e ora si ferma. Basta. Niente più liberalizzazioni. Non ce n’è più bisogno. Quanto si è potuto fare si è fatto. E non importa che siano state le peggiori e le più ridicole dopo quelle introdotte dal decreto Bersani. Importa che si sia data l’impressione di aver liberalizzato.

La verità è però un’altra. In Italia non si è liberalizzato un fico secco. Il settore bancario (fra i meno riformati di sempre) con questo governo ci ha solo guadagnato e non ha perso nulla. Obbligo di transazione bancaria per gli importi sopra gli euro mille, obbligo di apertura di un conto corrente, obbligo di pagare tramite internet le tasse (e solo se hai un conto corrente lo puoi fare), partecipazione delle fondazioni bancarie all’edilizia carceraria. Avete invece sentito parlare di una maggiore trasparenza bancaria? Nessuna. Di una riforma delle leggi per i mutui agevolati e il credito al consumo? Nessuna. Di un abbassamento dei tassi di interesse passivi? Macché! E che dire della riforma della normativa sul credito all’imprenditoria? Un sogno. Insomma, le banche continueranno a fare i loro porci comodi, ad accumulare denaro, a pagare i loro manager milioni di euro, ma i cittadini rimarranno sempre al palo. Di più: chi lavora si vedrà aumentare pure le spese del conto corrente per effetto dell’aumento delle tasse, del carburante e di chissà cos’altro.
E che dire poi delle assicurazioni? L’unica riforma di Monti che incide su questo settore riguarda l’obbligo dei professionisti di dotarsi di un’assicurazione professionale (che costa parecchi soldi all’anno) e della possibilità, per chi chiede un mutuo bancario (e sempre che le dannate banche glielo concedano), di scegliere fra due o più assicurazioni. Insomma, come le banche, anche le assicurazioni con il governo attuale ci hanno solo guadagnato. Il premio RC auto, peraltro, non accenna a diminuire, e quest’anno si prevedono somme da capogiro per effetto del generale incremento della pressione fiscale.
Gli altri settori che rimangono fuori dalle liberalizzazioni sono l’energia e i trasporti. Esempio: nel settore dell’energia è già fallita la separazione tra la SNAM e l’ENI (che avrebbe aperto il mercato ad altri concorrenti, abbassando il prezzo del metano), mentre in quello dei trasporti nulla di fatto per quanto riguarda la separazione tra RFI e Trenitalia (che avrebbe permesso l’ingresso di altre compagnie ferroviarie).
Chiude il sogno liberalizzante Corrado Passera: «Ci saranno altre liberalizzazioni solo se necessario e se l’autority ci porterà buone idee.» Come dire: banche, ferrovie, assicurazioni ed energia — i settori sui quali si sarebbe dovuto veramente liberalizzare (altro che farmacie e tassisti!) — non si toccano e guai a chi li tocca. Il resto, si può anche rimaneggiare: pensioni, farmacie, tassisti, licenziamenti. Ma non i colossi della finanza, dell’energia, dei trasporti e delle assicurazioni. Che gran presa per il culo, non credete?
(da:www.iljester.it)
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