domenica 18 dicembre 2011

Le nuove regole dell’Eurozona: una scommessa persa in partenza

Brutte notizie per i disfattisti. Brutte notizie anche per chi pensava ad un fallimento del progetto Euro e del suo accantonamento, con un ritorno alle vecchie valute. Brutte notizie a chi vedeva ormai prossima la fine dell’Unione Europea. I paesi che alla fine hanno deciso di continuare il Progetto Euro sono 26. Manca come ben sappiamo la Gran Bretagna di Cameron. E tra questi 26 paesi arriverà, se tutto va bene, la firma degli accordi entro marzo del 2012. Accordi che saranno molto duri, molto forti. Almeno questo è quanto garantisce Bruxelles negli ultimi comunicati stampa.E il documento che dovrebbe diventare la base di tutto è quello che viene definito il SIX PACK. Sei nuove regole molto stringenti che dovrebbero essere la base per la ripartenza del progetto Euro, che dovrebbero renderlo più credibile e rigido. Morale: non si scherza. Arriva l’irrigidimento delle regole. Ora chi sgarra paga. E come se paga!
SIX PACK: una nuova era per l’Euro

Il progetto dovrebbe già essere operativo da martedì 13 dicembre. Quali sono queste regole? Eccovi l’elenco:

1. Obbligo del pareggio di bilancio: il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo (Pil) non dovrà superare lo 0,5%; il nuovo parametro deve diventare un obiettivo sancito addirittura dalle Costituzioni nazionali e la Commissione europea stabilirà nel dettaglio la tempistica necessaria per raggiungere il nuovo parametro. Si supera così il trattato di Maastricht, che fissava al 3% il valore del rapporto, concedendo deroghe in casi di necessità particolari (di cui tutti i membri, a partire dalla Francia, hanno usufruito con lo scoppio della crisi del 2008).

2. Superpoteri alla Commissione: Gli Stati che non dovessero ottenere il pareggio di bilancio saranno tenuti a chiedere «consiglio e tutela» alla Commissione europea, in un programma di «partnership economica». I governi dovranno quindi sottoporre i propri programmi di risanamento a Bruxelles che vigilerà sulla loro attuazione. 

3. Politiche economiche condivise: le scelte di politica economica dei membri dell’Unione europea dovranno essere coordinate e condivise.

4. Sui fondi Salva Stati si decide a maggioranza: Lo strumento temporaneo oggi in funzione – il Fondo salva Stati (EFSF) – verrà quindi rimpiazzato anzitempo dall’European stability mechanism (Esm), il meccanismo di stabilità permanente. Il nuovo fondo sarà operativo dal luglio 2012, e comunque non prima che gli Stati che ne detengono almeno il 90% del capitale lo abbiano ratificato in parlamento.
NON SI SOMMANO LE DOTAZIONI. Tuttavia, il direttorio franco-tedesco si è opposto a un aumento della dotazione finanziaria del meccanismo permanente. Quello che rimane del Salva Stati, circa 200 miliardi di euro ancora non impegnati, non andrà quindi a sommarsi ai 500 già preventivati dall’Esm. Per decidere a chi, quanto e quando prestare non sarà più necessaria l’unanimità dei Paesi che partecipano al fondo, bensì una maggioranza qualificata dell’85%.

5. Resta il blocco sulla Bce, eventuali aiuti in arrivo dal Fmi: Nessuna apertura è arrivata a favore di un ruolo più attivo nella gestione della crisi della Banca centrale europea, né sugli eurobond, che Berlino considera come fumo negli occhi. L’Eurotower non diventerà quindi prestatore di denaro in ultima istanza, sul modello della Federal reserve americana. Pur di non allentare le rigide maglie della Bce, l’Unione europea pensa di contribuire con 200 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale, che a sua volta potrebbe andare in soccorso delle nazioni in difficoltà.

6. Accordi per velocizzare le riforme, scavalcando Londra: Per rendere operativi i nuovi accordi l’Europa utilizzerà, almeno in un primo momento, un escamotage. La revisione delle regole verrà ratificata con accordi intergovernativi tra i singoli Paesi, senza quindi ricorrere a un accordo complessivo per riformulare il Trattato di Lisbona. Il Regno Unito si è infatti opposto alle nuove misure di politica economica e fiscale: Londra rifiuta la centralità di Bruxelles, il potere di controllo della Commissione e le restrizioni finanziarie imposte dalla Bce anche sul mercato britannico. In questo modo, di fatto, si creano due standard: quello imposto dai nuovi accordi e quello pre-esistente, tracciato dai vincoli imposti dal trattato di Lisbona.

Beh, diciamo che si sono messe le basi per una continuazione del progetto. Una serie di compromessi tra il Nord virtuoso e il Sud iperindebitato e a bassa crescita economica. FACENDO MOLTA ATTENZIONE ad un elemento che potrebbe diventare molto pericoloso: la fuoriuscita di capitali fuori dall’Eurozona (a causa del timore dell’Eurogeddon, ovvero della fine dell’Euro). Ma come già detto, si poteva fare di più. Per lo meno però, mi sembra di poter intravvedere le chiara volontà di andare avanti. Anche perchè, come già detto, io non vedevo altre vie d’uscita. Solo una cosa mi inquieta considerevolmente.

Nuove regole, ma l’Italia come diavolo può fare?
Come detto, nuove regole stringenti. Rischi anche di multe salatissime (0,2% del Pil, almeno 3 miliardi di euro nel caso dell’Italia) per i Paesi che non rispettano la regole del deficit al 3% e non si attrezzeranno con le riforme strutturali necessarie per il rientro in 20 anni del debito pubblico nei limiti del 60% del Pil. Ma scusate un attimo. Se la matematica non è un’opinione, questo conteggio (già ipotizzato proprio su questo blog alcuni mesi fa come esercizio didattico) comporta per l’Italia uno scenario assurdo. Il nostro Debito Pubblico/PIL è pari al 120% In 20 anni, per tornare al 60% significa recuperare o meglio, fare un surplus del 5% all’anno, con PIL ipoteticamente fermo (quindi senza contare recessioni). Ora, spiegatemi come DIAVOLO facciamo in 20 anni a snocciolare questi numeri! Sono assolutamente FANTASCIENTIFICI!!! 

In conclusione, quanto deciso dall’Euromeeting, comprese le nuove 6 regole auree, possono anche essere la base del futuro dell’Eurozona, come dice Bruxelles, ma per l’Italia rappresentano una scommessa persa in partenza. Ma non per mancanza di buona volontà. Ma per assoluta impossibilità di raggiungere certi numeri, anche alla luce di quanto dichiarato dal primo Ministro Mario Monti:
L’esposizione del governo “ha preso le mosse dalla situazione di estrema emergenza finanziaria ed economica” in cui si trova il Paese e ha “ribadito l’imperativo di mantenere invariati i saldi” della manovra “nonché la composizione e la natura strutturale dei provvedimenti”. E’ quanto si legge in una nota di palazzo Chigi. “Il Governo ha fornito precisazioni e chiarimenti nell’intendimento di rappresentare dettagliatamente gli elementi di equità presenti nel decreto” continua la nota. Il premier Mario Monti ha “ascoltato attivamente il Parlamento e questa sera i rappresentanti sindacali. Alla luce delle opinioni raccolte, il Governo renderà note le sue determinazioni nel più breve tempo possibile” e’ sempre scritto nella nota.
(da: intermarketandmore.finanza.com)

Stampa il post

Nessun commento:

Posta un commento